La “Sicurezza Chimica”, una materia di natura professionale
Quando decisi di interessarmi di “sicurezza chimica”, qualcuno mi chiese se avesse un “futuro”.
Questa domanda, di per sé così semplice, mi accompagna quotidianamente e mi fa riflettere su quali possano essere le circostanze che porteranno ad un maggiore sviluppo, ad una più completa applicazione delle regole in materia di tutela della salute e della protezione dell’ambiente.
Questa materia coinvolge una molteplicità di interessi: sociali, culturali ed economici.
A livello nazionale ed europeo, gli atti normativi riguardanti le sostanze chimiche sono diversi: il D. Lgs. 81/08 che tratta della salute e sicurezza in ambito lavorativo; il D. Lgs. 152/06 che detta norme in materia ambientale; la Direttiva Giocattoli 2009/48/CE; il Reg. Cosmetici 1223/2009; il Reg. Biocidi 528/2012; il Reg. Detergenti 648/2004 e così via…
Ma i due atti di riferimento in tema di sicurezza dei prodotti chimici, su cui voglio focalizzare l’attenzione, sono il regolamento REACH (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals) e il regolamento CLP (Classification, Labelling and Packaging), che sono le cosiddette “norme orizzontali”, la cui applicazione, a carattere europeo, si integra organicamente alle normative sopra citate.
Il Regolamento (CE) N. 1907/2006 (REACH) definisce le regole fondamentali per una commercializzazione e, di conseguenza, per un utilizzo più sicuro e controllato delle sostanze chimiche. Prima del Regolamento REACH, infatti, molte sostanze potevano essere immesse sul mercato europeo senza avere alcuna informazione sui potenziali rischi per la sicurezza, la salute e l’ambiente.
Con il REACH viene attribuita all’intera filiera produttiva (fabbricanti, importatori, distributori e utilizzatori industriali/professionali) la responsabilità di dimostrare la sicurezza dei propri prodotti.
Il Regolamento (CE) N. 1272/2008 (CLP), invece, stabilisce quelli che sono i criteri per la classificazione di sostanze e miscele e le norme per etichettatura ed imballaggio.
Le informazioni che si ricavano dall’applicazione di entrambi i regolamenti si traducono in documenti quali Schede di dati di sicurezza (SDS), con eventuali allegati – Scenari di Esposizioni (SE), ed Etichette.
Queste brevi definizioni, ben note alla stragrande maggioranza di chi opera nel settore, racchiudono un concetto fondamentale: assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente senza eliminare le sostanze chimiche, ma semplicemente rendendole più sicure.
Basta pensare che siamo circondati da sostanze ed articoli diversi per natura e composizione chimica, come: un insetto-repellente, un disinfettante, un cosmetico, una sedia, un cellulare, un computer, un’auto, un prodotto verniciante…
È principalmente l’industria ad essere coinvolta nella “messa in sicurezza”, sia nella produzione, talvolta condotta in condizioni di estrema criticità, che nella fornitura dei prodotti ottenuti, per i quali bisogna garantire la sicurezza lungo tutto il ciclo di vita.
Per questi aspetti, è proprio il regolamento REACH ad obbligare le aziende a valutare i rischi della sostanza/miscela prima della sua immissione sul mercato europeo, attribuendo alle aziende stesse la responsabilità per gli effetti dannosi che potrebbero derivarne.
Ad oggi, si constata una continua crescita di consapevolezza: le aziende iniziano ad adeguarsi, nonostante questo richieda un notevole lavoro e sforzo in termini economici.
A prescindere dalle responsabilità, che sono riservate a ciascuno per le rispettive attribuzioni, si osserva un maggiore impegno congiunto tra autorità/istituzioni a livello europeo e nazionale ed associazioni di categoria, impegno rivolto all’innovazione ed alla ricerca di nuove soluzioni per la gestione dei prodotti chimici e per fornire supporti utili ad aziende per l’adempimento dei loro obblighi.
Questo anche mediante la richiesta di feedback da parte degli utenti, per apportare modifiche/miglioramenti e le reti di collaborazione per meglio condividere opinioni ed informazioni.
Un aspetto da non sottovalutare, principio cardine del REACH, riguarda l’obbligo riportato nel Titolo IV: ogni attore della catena di approvvigionamento deve comunicare tutte le informazioni riguardanti le proprietà pericolose delle sostanze e/o qualsiasi altra informazione, che possa andare a modificare quelle che sono le misure di gestione dei rischi, all’attore situato immediatamente a monte nella catena stessa.
La trasmissione di informazioni non corrette è una delle grandi pecche del sistema, in quanto si riscontra carenza di dati e non coerenza tra gli stessi dati forniti; questo avviene in particolare quando si trattano le miscele.
A tal proposito, per rafforzare ulteriormente la corretta comunicazione delle informazioni sui prodotti chimici lungo tutta la supply chain, soprattutto per le miscele, nell’ultimo periodo sono state introdotte due grosse novità che, salvo nuove modifiche, entreranno in vigore a partire da Gennaio 2021:
- Il codice UFI (introdotto con l’Allegato VIII del CLP), ovvero un codice univoco alfanumerico, generato da un algoritmo che utilizza come input la partita IVA dell’azienda e il numero della formulazione, che bisognerà inserire sull’etichetta delle miscele pericolose e nella SDS per i prodotti non imballati. Questo codice permetterà ai CAV (Centri Antiveleni) di risalire a quella determinata miscela e alla sua composizione, in modo da poter intervenire in maniera più puntuale in caso di esposizione accidentale alla stessa.
A partire da Gennaio 2021 ci sarà l’obbligo di notifica per le miscele il cui uso finale sarà per i consumatori e professionale; Gennaio 2024 l’obbligo scatterà per l’uso finale industriale.
- Il database SCIP (Substances of Corncer In articles, as suche or in complex object (Products)) garantirà che tutte le informazioni sugli articoli, contenenti sostanze estremamente preoccupanti – SVHC, siano disponibili durante il loro intero ciclo di vita, compresa la fase di smaltimento.
L’obiettivo è quello di fornire ad utenti diversi (operatori nel settore rifiuti e consumatori) informazioni sulle sostanze altamente preoccupanti, anche alla fine del ciclo di vita quando saranno rifiuti.
Si sottolinea che questo database non andrà a sostituire l’obbligo di notifica, secondo l’art. 7 del REACH, da parte di fabbricanti ed importatori di sostanze contenute in articoli in quantità uguali o superiori a 0,1% p/p.
Tutto ciò per dire che il settore è in continua evoluzione; evoluzione che non deve essere intesa solo a livello europeo, ma anche a livello globale.
Si opera con un unico obiettivo, ovvero quello di migliorare il controllo sulle sostanze chimiche presenti sul mercato globale e ridurre i rischi che ne derivano. È necessario, quindi, che ci sia senso di responsabilità e non improvvisazione ed incoscienza da parte di tutti gli attori della supply chain e dei consulenti che supportano le aziende. La cattiva gestione di questi processi innovativi comporta inevitabilmente gravi danni anche economici alle aziende, ma soprattutto aumenta i rischi per la salute umana ed è di impatto ambientale.
Dott.ssa Chim. Claudia Imperato